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La Digos ha scoperto in via Maia, al Quadraro, l’appartamento che le nuove Brigate rosse, quelli del delitto  avrebbero affittato per le esigenze dell' organizzazione. Via Maia è una stradina piccola e stretta. Una delle estremità è chiusa ai veicoli, ma non ai pedoni. A una trentina di metri si trova la fermata «Porta Furba» della linea «A» del metrò. Al civico sei di questa via, Marco Mezzasalma, uno dei presunti militanti delle Br rinchiuso a Regina Coeli, ha affittato dal 1998 al 7 giugno quest' anno i 64 metri quadrati considerati dalla polizia uno dei due covi dei terroristi a Roma. «Dal punto di vista militare - spiega un esperto dell' Antiterrorismo - la tipologia dell' appartamento di via Maia è perfetta per le Brigate rosse. La strada, essendo stretta e corta, è facile da controllare; la chiusura ai veicoli a un' estremità e la vicinanza della metropolitana consentono di avere ottime vie di fuga». In via Maia Le chiavi del covo di via Maia sono state restituite al prorietario, Mauro Bergamo, un dipendente della Bnl, il 7 giugno. Marco Mezzasalma aveva cambiato la serratura e preparato una stanza insonorizzata. «Gli armadi e i cassetti erano impolverati - ha riferito il padrone di casa - , come se non fossero mai stati usati».

La Repubblica.it

Tuscolano al buio per il blitz anti-br
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/10/25/tuscolano-al-buio-per-il-blitz-anti-br.html
25 ottobre 2003 —   pagina 1   sezione: ROMA

Quando la Digos all' alba di ieri ha raggiunto il covo romano delle nuove Br al Quadraro il quartiere Tuscolano era avvolto nel buio. La centralina era stata oscurata dalla polizia pochi minuti prima che una squadra sfondasse la porta del modesto appartamento al primo piano di cinque in via Maia, 6. Già ai primi colpi gli inquilini sono saltati su dal letto di soprassalto, la luce non si accendeva e qualcuno bussava incessantemente alle loro porte. Il panico, le urla dei bambini e quel trambusto che non finiva più. Ce n' era abbastanza per chiamare immediatamente la polizia. «Ho preso una pila e ho chiamato il 113 - racconta Paolo Tulelli, pure lui inquilino del primo piano - poi siamo usciti sul pianerottolo e qualcuno ci ha detto "la polizia siamo noi". Ma come facevamo a saperlo? Ci hanno rassicurato e hanno tirato fuori un pacchetto di foto. Le ha viste tutto il palazzo, ma quella gente non la conosce nessuno~». All' appartamento gli investigatori sono arrivati grazie ad un mazzo di chiavi sequestrato a Nadia Desdemona Lioce. Un lavoro certosino, condotto porta a porta per mesi in vari quartieri di Roma. Sono state fatte decine di prove nelle serrature di abitazioni utilizzate da persone sospettate finché, nelle scorse settimane, una delle chiavi ha aperto il cancello del palazzo del Quadraro. Qualche giorno dopo il portone e, all' alba di ieri, l' appartamento. Gli inquirenti hanno rivoltato le tre stanze, la cucina, il bagno, portato via anche la roba che era in balcone, pacchi e pacchi di materiale da esaminare. La luce è stata riallacciata nella primissima mattinata. L' appartamento già sigillato, due poliziotti di guardia. La padrona di casa, Patrizia E., 50 anni, disabile con una pensione di invalidità del 100 per cento, non si è mai occupata degli affittuari, vive altrove con il padre e suo figlio di 24 anni. Dell' appartamento si occupa l' ex marito di Patrizia, Mauro B, 53 anni, bancario in pensione. Anche lui è stato tirato giù dal letto durante la notte nella sua casa di Anzio, accompagnato prima in via Maia, poi in Questura. «La mia ex moglie è andata via dall' appartamento alla fine del ' 97 - spiega Mauro B. - misi subito un annuncio su Porta Portese. Il 1 febbraio '98, l' ingegnere Marco Mezzasalma ha preso in affitto la casa. Mi ha dato a garanzia due busta paga, il tesserino di un' agenzia interspaziale con sede a Pomezia. I nostri rapporti quasi inesistenti. Gli lasciavo il calcolo dell' Istat nella buca delle lettere, lui lo calcolava e lo aggiungeva al bonifico. Poi ha disdetto la casa. L' 8 giugno mi ha riconsegnato le chiavi. A metà giugno sono passato in via Maia. La casa era già ammobiliata, ma lui ha lasciato lavatrice e scaldabagno nuovi, un mobile porta-computer, due armadietti di metallo, un grande tavolo da camping. Ma la cosa che mi ha più meravigliato era che ci fosse una centralina telefonica, pannelli insonorizzanti. E piante di pregio secche. Sembrava che in quella mancasse da mesi». E infatti per gli inquilini l' appartamento era disabitato. Solo ogni tanto si vedeva una giovane donna mora, alta un 1,65 con i capelli a caschetto, che non parlava con loro. Davide L., che abita al secondo piano ricorda: «L' ho incontrata diverse volte nell' ultimo anno e mezzo. Ai primi di giugno è venuta con una ditta di traslochi e ha portato via i mobili. Da allora non l' ho più vista». Invece Maddalena P, 86 anni, ha vissuto con gli inquilini del primo piano una vicenda che ora non sembra più strana: «Mi era caduto un giacchetto sul loro balcone. Ho tanto bussato ma non mi hanno mai aperto. Allora un giorno attraverso la porta ho detto "avete diritto di non aprirmi, ma mettere la maglia fuori dalla porta almeno". Il giorno dopo l' ho trovata piegata e imbustata sul pianerottolo». - ANNA MARIA LIGUORI

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